venerdì 23 marzo 2012

"EDUCARE" i genitori

Devo aimè, ritornare su questo argomento che ogni giorno che passa diventa sempre più spinoso in quasi tutti gli ambienti di vita sociale del bambino o adolescente (scuola, catechismo, realtà sportiva, ecc...).Provo a fare un ragionamento serio e senza perdere le staffe...

IO PAGO LA QUOTA DI ISCRIZIONE E QUINDI....
E' sufficiente pagare una quota d'iscrizione per avere il diritto a giocare o a giocare sempre? Il diritto al gioco e , soprattutto, al divertimento, prescinde dal pagamento della quota o retta d'iscrizione che il genitore corrisponde all'inizio od in corso di stagione al sodalizio sportivo. Mentre il diritto al gioco ed al divertimento deve sussitere sempre, nei vivai, il versamento delle quote d' iscrizione consente al sodalizio di poter essere messo in condizioni di svolgere, grazie anche ad altri contributi, la propria attività sociale e sportiva, senza tuttavia fornire alcuna garanzia per l'impiego in campo o in un ruolo o per un determinato "minutaggio". Se un genitore pone tale obiezione, a causa del ridotto impiego del proprio ragazzo durante le partite, possiamo ragionevolmente dedurre che limiti e riconduce ad una mera quantificazione monetaria l'offerta sportiva ed educativa: pago, quindi pretendo! Appare alquanto difficile modificare il modo di pensare di chi, a volte anche con sacrifici per pagare la quota del figlio, è pur sempre convinto di far nascere un diritto dal pagamento di una somma di denaro. Se la "smonetizzazione" del ragionamento è estremamente difficoltosa da far comprendere a taluni genitori, preferibile piuttosto , verificare la qualità del percorso educativo e formativo effettivamente proposto all'allievo (coinvolgimento e partecipazione attiva in tutte le attività, valori, cultura sportiva, socialità, ecc.). Puntando su questa efficienza e qualità si può cambiare la motivazione del nostro interlocutore genitore.


N.B.: un ringraziamento a Roberto Alessio che mi ha aperto un mondo con le sue esperienze.

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